La terzomondizzazione dell'America
Gli USA sono sull'orlo di una crisi esistenziale che consegnerà a Trump una vittoria o una sconfitta decisiva. Una crisi che potrebbe contagiare qualsiasi paese europeo
Mentre Trump si prepara a celebrare il suo compleanno con una parata militare nella capitale — in uno stile più adatto allo Zimbabwe di Mugabe che agli Stati Uniti — l’America è sull’orlo di una crisi esistenziale che dovrà risolversi in un modo o nell’altro, consegnando a Trump una vittoria o una sconfitta decisiva.
Il pubblico italiano, per lo più distratto, mostra una certa simpatia per il nuovo autoritarismo americano — i cui slogan, del resto, sono identici a quelli dei populisti nostrani. Solo tre quotidiani nazionali oggi aprono sulla militarizzazione della crisi americana. Eppure lo sgretolamento della democrazia potrebbe contagiare qualsiasi paese europeo, a partire dall’Italia, tra i più vulnerabili alla disinformazione e alla retorica populista.
Per questo vale la pena riassumere alcuni punti essenziali, nel tentativo di connettere gli eventi e offrire una chiave di lettura.
1. Gli scontri di Los Angeles sono stati fabbricati ad arte dall’amministrazione Trump. Prima dell’arrivo dell’ICE, la città era in pace. I raid sono stati pensati per generare proteste, da reprimere poi con provocazioni violente. I cittadini californiani chiedono il rispetto dello stato di diritto. Non vogliono che membri della propria comunità vengano prelevati da agenti incappucciati e armati fino ai denti per essere deportati verso luoghi sconosciuti — spesso centri di tortura — senza accuse né processo.
2. L’offensiva dell’ICE colpisce chiunque abbia l’aspetto di un immigrato, indipendentemente dallo status legale, dalla fedina penale e persino dalla cittadinanza. Il colore della pelle sembra giocare un ruolo decisivo. I deportati includono titolari di regolare permesso di soggiorno permanente (green card) e, in diversi casi, anche cittadini americani vittime di errori inevitabili, vista la rozzezza delle operazioni.
3. La “pericolosità sociale” non ha alcun ruolo: i deportati non sono accusati di alcun reato. La nuova strategia della Casa Bianca consiste nel colpire gli immigrati sul luogo di lavoro. I blitz avvengono in ristoranti, negozi, supermercati. Spesso le persone vengono arrestate davanti ai familiari, o insieme a essi. Non si tratta dei “criminali” evocati dalla retorica trumpiana, ma di individui pacifici, che hanno un lavoro e non rappresentano alcuna minaccia per la sicurezza pubblica.
4. La repressione violenta delle proteste è progettata per intimidire i cittadini pacifici, mentre favorisce la presenza nelle piazze dei manifestanti più inclini allo scontro, che temono meno la violenza delle forze armate. Si attiva così un processo di auto-selezione che radicalizza le manifestazioni, offrendo alla presidenza un pretesto per misure eccezionali e concentrazione di potere.
5. L'ultima volta che un presidente ha impiegato le forze armate sul territorio di uno Stato americano contro il volere di un governatore risale a sessant’anni fa, quando Lyndon Johnson mobilitò la Guardia Nazionale dell'Alabama contro il parere di George Wallace, per proteggere i manifestanti per i diritti civili.
6. Trump sta fabbricando una narrazione surreale, alla quale i gonzi MAGA (e buona parte del pubblico italiano) abboccano per partito preso. Secondo questo racconto, le città californiane – tra le più ricche e istruite degli Stati Uniti – sarebbero invase da milizie straniere che opprimono cittadini bianchi inermi. La responsabile del Department of Homeland Security, Kristi Noem, ha definito Los Angeles “una città di criminali”.
7. I regimi autoritari adottano strategie di escalation come questa per generare crisi artificiali, provocare indignazione, e sfruttare le reazioni per giustificare la repressione. L’obiettivo non è ristabilire l’ordine, ma inscenare un caos e sostenere che sia necessaria la sospensione dei diritti civili e/o l’attribuzione di poteri straordinari per poterlo controllare. È il pretesto concentrare potere nelle mani del leader e della sua cerchia.
8. Già prima delle proteste di Los Angeles, Trump aveva minacciato di tagliare i fondi federali alla California, come ha già fatto con università e istituzioni che abbiano manifestato attitudini critiche verso il regime. È il segno più chiaro — e più trascurato — della svolta autoritaria: i fondi pubblici, alimentati dalle tasse di tutti i cittadini, vengono destinati agli amici del sovrano e sottratti ai suoi nemici.
9. Tutto questo avviene mentre Trump si appresta a celebrare se stesso con una parata militare a Washington in occasione del suo compleanno, nello stile delle dittature più grottesche. Qualcosa che ci si aspetterebbe dallo Zimbabwe di Mugabe, o al limite dalla Russia di Putin — non dagli Stati Uniti d’'merica.
10. Cosa aspettarsi adesso. Secondo Eliot Higgins, che consiglio di seguire:
– L’escalation sarà presentata come un “ripristino dell’ordine”.
– Arresti di massa con pretesti vaghi.
– Organizzatori delle proteste e giornalisti potrebbero essere presi di mira.
– Tentativo di acquisire o estendere poteri di emergenza
– Demonizzazione del dissenso, che sarà etichettato come “terrorismo”.
Come cittadini del mondo, dobbiamo capire che questa minaccia va ben oltre la California. Le condizioni che hanno portato al suicidio della democrazia americana esistono in tutte le democrazie contemporanee. Sono figlie anche di una mutazione radicale dell’ecosistema dell’informazione, che ovunque ha minato le fondamenta delle istituzioni. Oggi, le democrazie devono scegliere se contrastare l’avvelenamento dell’ecosistema dell’informazione e del dibattito pubblico, oppure accettare passivamente di scivolare nell’autoritarismo.
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giuro, uno degli articoli più belli e sopratutto “oggettivi” sulla situazione usa